Quando leggiamo il nome Dalì, ci rievoca inevitabilmente Salvador, il celebre artista spagnolo del XX Secolo, biografato in ogni luogo e in ogni tempo, il quale non si è limitato a produrre sensazionali opere d’arte ma, tra una pennellata e una burla (ebbene sì, le sue stravaganze illustravano le copertine delle riviste scandalistiche di tutto il mondo!), ha riprodotto un altro artista, nostro vanto italico. Josè Van Roy Dalì, lo incontro nella sua residenza invisibile al mondo esterno, riempita da una moglie dolcemente attenta a ogni suo dettaglio e presidiata da decine di gatti, coccolati amorevolmente e miagolanti diffidenza verso l’ospite inatteso.
Qual è stato il suo primo incontro con l’arte?
Con il mio primo vagito ho chiesto il pennello, anziché il biberon! Scherzi a parte, casa è sempre stato un laboratorio perenne e mio padre spesso dipingeva tenendomi in braccio. A proposito di scherzi, era un burlone nato che si avvaleva della complicità di mia madre…
Ne può raccontare uno, inedito, per i lettori di Rinascimento Magazine?
Mio padre era molto sensibile ai metalli, in particolare, all’oro massiccio. Ne adorava la consistenza, la freddezza ma soprattutto il colore. Un giorno si fece trovare, fingendosi morto, sdraiato sul divano, ceruleo nel volto e totalmente immobile. A nulla valsero le mie urla preoccupate. “Resuscitò” solamente nel momento in cui gli sfilai dal polso l’orologio d’oro, al quale teneva tantissimo e che mi aveva promesso in eredità dopo la sua morte!!!
Veniamo ora alla sua arte: che cosa rappresenta per lei?
La liberazione di un complesso progetto interiore. Ma anche una misteriosa, quanto inesplicabile ragione di vita. Non esiste una “mia” arte in assoluto ma un’entità superiore, fatta di irrazionalità e di sogno e che investe gli aspetti più profondi della psiche. Tuttavia, questa profondità non impedisce all’arte, tuttavia, di vivere della propria luce che talvolta racchiude in sé, alla stregua di una bella donna affascinante!
Si considera un surrealista?
Essere surrealista non è l’appartenenza a un movimento ma uno stile di vita. Però non credo che tale mio autogiudizio conti granché, preferisco lasciarlo ai posteri. Comunque, la mia anima e la mia natura, subiscono senz’altro una forte influenza surrealista, probabilmente dovuta a un benefico imprinting genetico.
Osservando le sue opere, sono rimasto colpito dall’interesse per la natura…
Ritengo la Natura e la sua fantastica, complessa e magica bellezza, un assoluto, irripetibile capolavoro! Senz’altro immeritato da buona parte dell’umanità… Comunque adoro i gatti e, come vede, sono ricambiato (in effetti è circondato da felini affettuosissimi e, forse, anche gelosi… NdR).
I suoi quadri contengono un messaggio per l’umanità?
Ritengo il linguaggio pittorico un mezzo di comunicazione, talvolta empirico, ma umano, molto umano e, quindi, oltre l’universalità tecnica dello stesso, rimane soltanto il personalissimo stato d’animo dell’artista. Questo è l’unico messaggio che riesco a intravedere con certezza nelle mie opere.
Qual è, a suo parere, il crisma che determina l’artisticità di un’opera?
Non ho dubbi, sicuramente la cultura retrostante, che non è il titolo di studio conseguito dall’artista ma un insieme di elementi che, se ben combinati tra loro, danno luogo a ispirazioni superiori. Cogliere il bello della natura, della società, della persona è un esercizio che richiede una certa dose di sensibilità e la misura dell’efficacia di quest’ultima è data dall’emozione provata sia dall’artista che dallo spettatore.
Come pensa che si sviluppi la cultura in un contesto sociale più ampio?
L’esigenza culturale si avverte un po’ in tutti i settori, dalla politica alla letteratura, dal giornalismo all’arte. In passato nascevano le avanguardie, le correnti, i movimenti, i partiti. Personalmente faccio parte dell’Effettismo, una nuova corrente di pittura contemporanea fondata dal Maestro Franco Fragale.
Conserva un sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe molto esordire nella regia cinematografica, con un lungometraggio tratto da un nuovo libro che sto ultimando di scrivere. Una commedia originale, estremamente ironica, cui mi sto dedicando da qualche tempo. Se le vie del Signore saranno sufficientemente infinite, forse riuscirò a realizzare questo sogno. Sogno? Oddio, ma la mia vita è tutta un sogno! O no?
Articolo a cura di Roberto Castellucci